La pace nella "Evangelii Gaudium"


Il concetto di pace che emerge dalla lettura della Evangelii Gaudium amplia e specifica la costante posizione della Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, sulla necessità di costruire una pace “positiva”, intesa cioè non come mera assenza di violenza o come acquiescenza rispetto a un ordine sociale ingiusto.  Si tratta di un’idea di pace nota nella politologia come “pace strutturale”; una situazione in cui vengono affrontati i nodi ultimi delle tensioni e risolti nell’ottica di “una giustizia più perfetta tra gli uomini”. Papa Francesco giustamente insiste nel prospettare questa condizione di ordine giusto nei termini di una vera pace “sostenibile”; se ci si accontenta di situazioni di squilibrio e di asimmetria, la pace sarà “effimera” perché riservata a una “minoranza felice”; una pace senza futuro, che conterrà in sé sempre il “seme di nuovi conflitti e di varie forme di violenza”.  C’è un costante richiamo, in questa Esortazione apostolica, alla triade “pace, giustizia, fraternità” da coniugare non solo nella dimensione politica interna, ma anche e soprattutto in quella internazionale, perché “il pianeta è di tutta l’umanità e per tutta l’umanità”. E’ interessante come Francesco prospetti “la costruzione di un popolo in cui le differenze sia armonizzino in un progetto comune”, come un obiettivo strategico non solo per l’edificazione della pace all’interno degli stati ma in una prospettiva mondiale. Siamo al di là della pace tra i popoli; è piuttosto una pace nel popolo globale e plurale.

L'Iran, il nucleare e i piccoli passi

L’accordo raggiunto a Ginevra il 23 novembre tra rappresentanti di Stati Uniti,  Russia, Cina, Gran Bretagna,  Francia, Germania (5+1) e Iran sul programma nucleare di Teheran rappresenta un punto di svolta in tentativi negoziali che si sono protratti per più di 10 anni.  L'intesa - che ha carattere provvisorio - certamente è il risultato della nuova leadership del presidente iraniano Rouhani da una parte e della volontà di Obama di chiudere una partita che ha importanti conseguenze non solo nelle relazioni dell'Iran con gli altri Paesi della regione e con gli stessi Stati Uniti ma anche, in prospettiva, sugli equilibri mediorientali più in generale. Non bisogna dimenticare infatti che l'Iran è un paese che sostiene fortemente il regime siriano di Assad e che è tra i principali punti di riferimento regionali del movimento libanese di Hezbollah.

In che cosa consiste esattamente l'intesa raggiunta a Ginevra?  Si tratta di un pacchetto composito di misure che prevedono da una parte azioni iraniane o, meglio, la fine di alcune attività sospette come l'arricchimento dell'uranio oltre il la soglia del 20% e contropartite della comunità internazionale, riguardo in particolare al regime delle sanzioni che sono state comminate all'Iran nel corso degli anni. In pratica, l’Iran si impegna ad arrestare, sia pur temporaneamente,  ogni attività di arricchimento dell'uranio in misura superiore alla percentuale del 5%, a non installare nuove centrifughe in grado di produrre uranio arricchito e di non costruire nuove centrali. Si tratta di un punto particolarmente importante e controverso. In effetti, all'indomani dell'accordo del 23 novembre sono subito emerse due interpretazioni contrastanti: da una parte, il Ministro degli esteri iraniano Zarif ha dichiarato che l'accordo rappresenta un implicito  riconoscimento del diritto dell'Iran a compiere attività di arricchimento dell'uranio;  dall'altro, il Segretario di Stato americano Kerry ha ribadito che questo primo passo non implica in nessun modo che l’Iran abbia un “diritto” all’arricchimento dell’uranio.  Altre componenti fondamentali dell'accordo riguardano la rinuncia iraniana a costruire (per ora), come già pianificato,  un reattore ad Arak. In secondo luogo, vengono stabilite importanti misure di trasparenza: la possibilità per gli ispettori dell'agenzia internazionale dell'energia atomica di compiere visite ispettive nelle centrali di Natanz e Fordow, previsione di meccanismi di verifica attraverso anche la creazione di una commissione congiunta dei 5 + 1 con l'Iran. In cambio di tutto ciò la comunità internazionale (e in particolare gli Stati Uniti), si impegna a una parziale sospensione delle misure sanzionatorie che hanno colpito l’Iran in questi anni, anche se saranno ancora in vigore le sanzioni che riguardano il settore petrolifero iraniano. L'accordo costituisce un’ottima base per poter poi arrivare, in prospettiva, a una soluzione complessiva della questione del programma nucleare iraniano. L'intesa raggiunta a Ginevra rappresenta la riprova che la pazienza negoziale e la tenacia nel perseguire accordi che possono evitare situazioni conflittuali sono ancora la strada maestra da seguire nelle crisi internazionali. Bisognerà però rassicurare tutti gli altri attori regionali - a cominciare da Israele, ma anche i Paesi del Golfo e in particolare l'Arabia Saudita - sul fatto che si tratta di un accordo preliminare che mira a impedire che l’Iran si possa dotare di un'arma nucleare; un esito che sarebbe destabilizzante per tutta l'area, e che renderebbe impraticabile il progetto politico di un Medio Oriente libero da armi nucleari, senza eccezioni.