La lunga transizione araba
Uno scenario in chiaroscuro domina la "primavera araba" a più di un anno dal suo manifestarsi. Si scopre che la transizione alla democrazia è assai più lunga e tormentata delle attese. I casi di Tunisia, Libia e Egitto mostrano, emblematicamente, le profonde diversità tra i Paesi della regione. In Tunisia il compito è quello di dare uno spazio politico al pluralismo sociale. L'evento più importante è stata l'elezione dell’Assemblea nazionale costituente nell'ottobre 2011. Il partito di ispirazione islamica Ennahdha ha conquistato la maggioranza, ed ha espresso il Primo Ministro, Hamadi Jebali. Entro il 2013 la Costituzione dovrebbe essere pronta e si dovranno tenere le elezioni presidenziali, per chiudere la fase transitoria. Ma nel frattempo frange di salafiti sfidano la società pluralista con violente manifestazioni e il governo tunisino risponde con il coprifuoco. In Libia la sfida è molto più radicale. Si tratta di una rifondazione dello Stato, del passaggio dalle armi alle leggi, dalla guerra civile alla riconciliazione nazionale. I decenni di Gheddafi hanno smantellato le istituzioni come patrimonio di tutti; contavano solo le connessioni personali e familiari con il rais. A suo modo, un sistema "clanico" su vasta scala. Non è che lo Stato non esistesse: ma era uno Stato "privato", una contraddizione in termini. In Egitto, infine, si tratta di trovare l'alternativa ad uno stato "troppo forte" nelle mani di militari, che controllano anche buona parte dell'economia. E questo è un elemento di continuità con Mubarak. C'è una Costituzione provvisoria, ci sono state elezioni legislative vinte dai Fratelli Musulmani. Ma il Parlamento è stato sciolto alla metà di giugno per incostituzionalità della legge elettorale. Mossa rischiosa, ricorda troppo l'Algeria del 1992. In questo contesto caotico hanno avuto luogo le elezioni presidenziali, che hanno visto contrapporsi Ahmed Shafiq, già premier durante la presidenza Mubarak, e Mohamed Morsi, candidato del partito islamista. Shafiq rappresenta sicuramente il "vecchio", ma non è detto che Morsi rappresenti il "nuovo" in una società in profonda trasformazione. In ogni caso avere un Presidente senza una "vera" Costituzione ed un Parlamento in carica è un esercizio pericoloso. In Egitto esiste un altro potere, molto attivo e efficace: Piazza Tahrir. E' una "agorà" moderna, e non è detto che abbia sempre ragione, ma occorre tenerne conto se si vuole (democraticamente) governare e non solo (militarmente) decretare.
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