La pericolosa illusione di "sgomberare" la diversità

Un manifesto inquietante, un messaggio che mette i brividi. Colpisce il collegamento tra lo "sgombero" e la "risurrezione" di un quartiere. In realtà un quartiere, una comunità "muore" quando decide semplicemente e brutalmente di "espellere" (o "sgomberare", sospingere oltre il perimetro del gruppo dominante) l'altro, una minoranza, una diversità. Ci si riferisce ad uno sgombero appena iniziato, e si lascia minacciosamente presagire che l'opera sarà portata a termine senza pietà, e che altre "eroiche" azioni simili seguiranno. Colpisce poi che alla "rimozione" del "campo" non segua l'indicazione del luogo in cui gli esseri umani coinvolti sono destinati (deportati?). Sgomberati verso dove? Il messaggio del manifesto sembra suggerire una loro evaporazione nel nulla; in realtà la sparizione di un gruppo umano ritenuto anomalo o deviante sembra essere il desiderio o la volontà implicita negli estensori di questo testo, che considera il dramma di pochi un "trionfo" di molti. Come si può pensare di risorgere sul "seppellimento" della diversità? Si tratta solo dell'illusione "immunitaria" e securitaria, il cui risultato non è che il fallimento del progetto di comunità (ammesso che chi scriveva il testo in questione ne abbia in mente uno). Ciò che resta dopo lo "sgombero" è il deserto delle coscienze, è l'orda, non certo una società degna di questo nome. Non così furono trattate le baraccopoli delle grandi periferie romane negli anni '50 e '60, ma se ne tentò l'integrazione, e persino il Vaticano non lesinò gli sforzi per dare dignità a quelle comunità in tutti i sensi "periferiche". Dov'è quella città, dov'è quel Paese? L'ironia della sorte ha voluto che il manifesto in questione, suprema espressione di insipienza politica e di mancanza assoluta di senso di responsabilità dinanzi ad un problema serio e drammatico come quello degli accampamenti abusivi, sia apparso nelle strade di Roma esattamente nel giorno in cui - il 1^ giugno scorso - in Campidoglio si celebrava un Convegno internazionale sulla "città interetnica", alla presenza addirittura del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, e dello stesso Sindaco evocato nel manifesto, che vi appare citato come "ispiratore" di questa strana e insensata idea di "rinascita".