Ogni tanto qualche buona notizia arriva anche da Bruxelles. Una di queste è
senz’altro la decisione dei ministri delle finanze dei paesi della zona Euro di
mettere fine, dopo ben otto anni (dal 2010) ad una sorta di commissariamento
della Grecia da parte della famigerata Troika (Commissione Europea, Banca
Centrale Europea, e Fondo monetario internazionale). La Grecia è stata
sottoposta ad una politica di aggiustamento strutturale che ha comportato
pesantissimi costi sociali, con tagli molto consistenti al welfare (tra cui le
pensioni) e che ha prodotto l’approfondimento di criticità sociali (tra cui l’aumento
della povertà – con almeno 700 mila cittadini della classe media a rischio di
impoverimento - e la massiccia emigrazione all’estero di giovani leve). I
problemi tuttavia non sono finiti. Atene ha un debito pubblico che raggiunto il
180% del PIL e prestiti internazionali assai consistenti da rimborsare. Se c’è
una lezione da apprendere dalla dolorosa vicenda greca, è che nella situazione
attuale dell’Europa e del mondo tutti siamo divenuti vulnerabili e le sorti di
un paese possono dipendere da decisioni tecnocratiche esogene, ma anche – non
bisogna dimenticarlo - da una gestione politica non del tutto responsabile del
bilancio pubblico. L’aspetto positivo di questa crisi è che l’Europa, con tutti
i suoi limiti mercatisti, non ha lasciato la Grecia suo destino, benché la
cosiddetta condizionalità (con le misure draconiane imposte alla gestione
dell’economia) abbia troppo spesso superato di gran lunga la solidarietà. Un
altro fronte, questa volta di politica internazionale, che coinvolge la Grecia
e che potrebbe simbolicamente chiudere la lunga transizione seguita alla
dissoluzione della ex-Jugoslavia, è l’accordo trovato tra Atene e Skopje sul
nome del vicino, che si chiamerà “Macedonia del Nord” (essendo la Macedonia una
regione storica della Grecia, che ha dato i natali ad Alessandro Magno). La disputa durava dal 1991, e ha coinvolto questioni identitarie,
culturali, geo-politiche, di sicurezza. I due premier Alexis Tsipras e Zoran
Zaev hanno scelto una strada coraggiosa, pur fortemente criticati dalle
rispettive opinioni pubbliche. Il che esalta i meriti di leader capaci di
assumersi le responsabilità e le virtù di una politica in grado di decidere e
di indicare le soluzioni per il bene comune, anche quando non sono popolari.