(a proposito di una mostra fotografica dedicata a Ernesto Balducci)
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Sono spazi profondamente diversi, paradigmatici sia di un Paese fisico, fatto di splendidi paesaggi naturali e di magnifiche architetture, che di un Paese dello spirito, in parte invisibile, costituito da nobili vicende ideali e di scelte di vita radicali. Nelle immagini presentate dalla fotografa si colgono entrambe le dimensioni; esse sembrano disegnare un percorso, una narrazione puntellata di tappe e di svolte, di partenze e di ritorni. Più che la successione cronologica, conta la scansione direi biografica, che coinvolge non solo il protagonista, ma anche l’osservatore ammirato e, alla fine, assorto.
Sarebbe un’ovvietà sostenere che proprio gli spazi della Badia Fiesolana, in cui si intrecciano in modo inestricabile paesaggio ed architettura, natura e cultura, physis e nomos, costituiscono la sintesi di tale percorso. Ciò che conta è che Padre Balducci non è qui solo un ricordo o una personalità da celebrare, ma una sfida costante per il pensiero e per l’azione, un invito a coniugare la teoria con la pratica, la ricerca pura con le applicazioni, almeno quelle possibili nel campo peculiare delle scienze sociali.
E dunque la severa riservatezza del chiostro deve potersi confrontare con l’effervescenza e l’apertura dell’agorà.
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