Dalle radici al fiume





Ha un titolo volutamente polemico, il bel libro di Maurizio Bettini, "Contro le radici", pubblicato di recente dal Mulino. Nonostante il titolo, si tratta di una confutazione al contempo raffinata e concreta del "mito" delle radici culturali o delle civiltà. La mitizzazione dell’identità e della tradizione costituisce una reazione, non solo in Occidente, ai grandi sconvolgimenti provocati dalla modernità. Come scrive Francesco Lubian, " alla globalizzazione e ai fenomeni migratori, insomma, si tende a reagire rafforzando (al limite: inventando) una cultura fortemente identitaria, che trova un perfetto paradigma metaforico nella “radice”, immagine di cui Bettini ricostruisce da par suo la genealogia: grazie a questa metafora la tradizione si trasforma in qualcosa di biologicamente primordiale, che sorregge e nutre, godendo di un rapporto privilegiato con la terra. Lo studio della metafora delle radici smaschera il dispositivo di autorità che alimenta di nuclei semantici forti (vita, natura, terreno) in grado di rendere, oggi, il discorso sulla tradizione particolarmente forte e pervasivo a ogni livello culturale, come dimostrano gli stralci dei discorsi di Marcello Pera e i comunicati della Lega Nord citati a più riprese dall’autore. Dietro questa forza, però, albergano grandi pericoli, come la storia, dalla guerra fra Troiani e Latini a quella fra Hutu e Tutsi, non smette di ricordarci." . In un articolo pubblicato da La Repubblica il 24 gennaio 2012 "Contro il mito delle radici", Bettini sintetizza efficacemente la sua critica alla metafora "radicale". "Nel nostro dibattito culturale sempre più frequentemente ricorre l' associazione fra tradizione e identità, quasi che l' identità collettiva - l' identità di un certo gruppo - dovesse essere concepita come qualcosa che deriva direttamente e unicamente dalla tradizione. Una delle affermazioni oggi più circolanti è proprio la seguente: «l' identità si fonda sulla tradizione». Basta rammentare gli anatemi che negli scorsi anni sono stati lanciati contro l' immigrazione, in particolare islamica, e i mutamenti culturali che da essa sarebbero provocati. Ora, il rapporto di causa / effetto che viene stabilito fra tradizione e identità - l' identità è prodotta dalla tradizione - emerge direttamente dalle stesse metafore che vengono usate per parlarne. Quando si vuole indicare la tradizione culturale di un gruppo o di un paese, infatti, l' immagine più ricorrente è quella delle radici. Queste sono le nostre radici, si dice, questo dunque siamo "noi". Basta ricordare l' acceso dibattito relativo alla proposta di inserire nel preambolo della costituzione europea una menzione delle radici cristiane dell' Europa. L' immagine arboricola intendeva sottolineare il rapporto di stretta interdipendenza che, a parere dei sostenitori di questa tesi, legherebbe fra loro la cultura europea da un lato, il cristianesimo dall' altro. (...) In questa selva di radici identitarie c' è un aspetto generale della questione che merita di essere messo in evidenza: le immagini non sono oggetti neutri, anzi, molto spesso hanno la capacità di condizionare fortemente la nostra percezione della realtà. Ciò che definiamo "metafora" non è solo un ornamento del discorso, è anche un potente strumento conoscitivo. Così accade anche nel caso delle radici. Questa immagine ha infatti la capacità di suggestionare fortemente qualsiasi discorso su identità e tradizione, e per un motivo abbastanza semplice: in un campo così astratto come quello delle determinazioni filosofiche o antropologiche, l' immagine delle radici permette di sostituire il ragionamento direttamente con una visione. (...) In una discussione sulla tradizione, anche il più accanito dei tradizionalisti avrebbe difficoltà a dirci da che cosa sia concretamente costituita la tradizione di cui parla. Lo stesso discorso vale per quella cosa che chiamiamo identità. Ecco il motivo per cui è molto meglio spostare tutto sul piano della metafora, e far balenare di fronte agli occhi dell' ascoltatore semplicemente delle radici. Ma che cos' hanno poi, di così efficace, queste radici? (....) Le radici stanno immerse nella terra, il luogo da cui tutto nasce e a cui tutto ritorna; le radici sostengono la pianta, che altrimenti cadrebbe al suolo; e soprattutto le radici trasmettono al tronco, ai rami e alle foglie il nutrimento di cui hanno bisogno. Tramite l' immagine delle radici, e dunque dell' albero, anche la tradizione si muta in qualcosa di biologicamente primordiale, che sta immerso nella terra, qualcosa che sorregge e nutre - chi? Ovviamente noi, la nostra identità. Il rapporto di determinazione fra tradizione e identità assume in questo modo l' aspetto di una forza che scaturisce direttamente dalla natura organica. Se un albero è quel certo albero perché è cresciuto da quelle radici, noi siamo noi perché siamo cresciuti dalle radici della nostra tradizione culturale. In un certo senso, è come se noi non potessimo essere altrimenti: se si dà retta a questa metafora, la nostra identità finisce ineluttabilmente per essere determinata dalle nostre radici, cioè dalla tradizione cui si appartiene. Inutile dire che il ricorso alla metafora arboricola punta a questo scopo: costruire un vero e proprio dispositivo di autorità, che, attraverso i contenuti evocati dall' immagine, si alimenta di nuclei semantici forti quali la vita, la natura e la necessità biologica. Una volta che questo dispositivo di autorità sia stato messo in movimento, la conseguenza non può che essere la seguente: l' identità culturale predicata attraverso la metafora delle radici viene estesa a un intero gruppo, indipendentemente dalla volontà dei singoli. Un ramo può forse decidere di non appartenere all' albero con cui condivide le radici o, addirittura, di non essere un ramo? Una volta "radicati" in una certa tradizione, scegliere autonomamente la propria identità culturale diventa impossibile, ci si può solo riconoscere in quella che altri hanno costruito per noi." "É per questo che Bettini - commenta Lubian- suggerisce di abbandonare, per quanto riguarda l’identità, la metafora delle radici per scegliere invece quella del fiume, immagine che valorizza la portata di tutti i diversi apporti secondo un paradigma di orizzontalità e non più di verticalità: anche l’identità, del resto, risulta in ultima analisi il frutto di un incessante processo di continua reinvenzione." Il fiume fluisce, a volte scorre placido, a volte è irruento; in alcuni tratti assomiglia a un lago, in altri dà origine a cascate fragorose; a volte è compatto, a volte si divide e si "complica" in molti rami; riceve i contributi di altri corsi d'acqua, oppure procede solenne e solitario verso la foce. Insomma, il fiume è una realtà cangiante e dinamica. La metafora del fiume è assai più democratica di quella delle radici.