C’è chi pensa che, in Medio Oriente, in Africa, in Asia, ci sia la possibilità di riprodurre l’intuizione che è alla base dell’Unione Europea con la messa in comune, nel 1950, del carbone e dell’acciaio, gli “ingredienti” della macchina bellica delle potenze europee, ed in particolare di Francia e Germania. Solo che, invece del carbone e dell’acciaio, le risorse da condividere sarebbero, oggi, il petrolio e l’acqua.
Alcuni sviluppi recenti, ad esempio, come il rinvenimento di grandi giacimenti di gas nelle acque territoriali di Egitto, Israele, Libano, Cipro, rendono tale prospettiva estremamente attuale, anche se estremamente improbabile, viste le tensioni nell’area.
Ma che dire dell’acqua? Esiste, ad esempio, un mega-progetto di collegamento tra il Mar Rosso ed il Mar Morto, per rimpinguare il livello di quest’ultimo (sceso in modo preoccupante) che però è bloccato da conflitti e diffidenze reciproche. In modo molto più drammatico, in Africa il lago Ciad, dal 1963, ha perso circa il 90 per cento della sua massa d'acqua, con conseguenze devastanti per la sicurezza alimentare delle popolazioni. Il progetto “Transacqua” si base sull’idea di portare acqua proprio verso quel lago, in via di progressiva desertificazione, tramite dighe, reti idriche e canali addirittura dal bacino del Congo. Ma dove sono i finanziamenti?
Sempre in Africa, l’Etiopia ha lanciato il progetto della più grande diga del continente, la “Grand Ethiopian Renaissance Dam”, superiore a quella di Assuan in Egitto, e che creerà un nuovo lago di 1874 chilometri quadrati. Il fiume interessato – che non è certo secondario per la storia della regione e persino per la storia dell’umanità - è il Nilo, e l’Egitto ha ovviamente fatto sentire forte la sua voce contraria, temendo conseguenze a valle del grande fiume, e la tensione tra Il Cairo e Addis Abeba è alta. Eppure proprio questa vicenda potrebbe essere assunta a paradigma della dimensione transnazionale di tutti i fattori che contano nella politica degli stati e per i popoli delle aree più svantaggiate, e la cui situazione è aggravata dal caos climatico e geo-politico. La Grande Diga è, il caso di dirlo, un metaforico spartiacque tra appropriazione e condivisione, tra sovranità e solidarietà. Dietro tutte le questioni “liquide” del pianeta si celano scelte politiche fondamentali per il futuro del mondo, ben oltre la politica internazionale.