Politica, bio-politica, mediazioni e scelte
La politica, nella tendenziale continuita’ che ormai assume dal livello territoriale (locale, nazionale, macro-regionale) a quello globale e quindi de-territoriale, assume sempre piu’ nettamente i caratteri della “bio-politica”. E’ straordinario constatare come le riflessioni di Foucault, Agamben, Esposito, trovino un riflesso pressoche’ quotidiano nella dimensione della pratica politica, dalla questione del trattamento riservato ai non-cittadini (persone spesso definite “illegali” e pertanto ritenute non destinatarie di diritti riservati al cives della res publica contemporanea) a quella del coinvolgimento dei civili nei conflitti, alle questioni rientranti nell’ampia categoria della bio-etica nei suoi rapporti con le scelte politiche e legislative. Il confronto-scontro ed il dialogo tra le culture trova, posto dinanzi a tali questioni, davvero “vitali”, una prospettiva che e’ al contempo “domestica” ed universale. Al di la’di ogni considerazione di merito, e’ evidente che la contrapposizione che spesso emerge all’interno della societa’ occidentale sui dilemmi “biopolitici” frantuma definitivamente il mito di una compattezza granitica ed in scalfibile delle “civilta’”, che se non e’ mai stata tale nemmeno nell’eta’degli imperi e delle articolazioni “sacrali” del potere, oggi appare del tutto improponibile se ricondotta a principi e valori astrattamente considerati. La negoziazione alla quale necessariamente devono essere sottoposte le visioni “comprensive” del mondo (per utilizzare la terminologia di John Rawls) non implica in nessun modo che esse debbano essere considerate relative, perche’ in quanto organiche e meta-politiche esse sono e debbono necessariamente e provvidenzialmente restare assolute e “non-negoziabili”. Cio’ che invece e’ l’oggetto reale del dibattito e’ la mediazione culturale e politica (il suo grado, la sua lontananza o prossimita’ al nucleo “fondante” di riferimento) che tali visioni subiscono al momento della loro traduzione in opzioni per i poteri governativi ed i legislatori. E’ in fondo il dramma ma anche l’esaltante avventura di ogni scelta di impegno politico: saper cioe’ coniugare la fedelta’ al riferimento ideale e conferire un significato proprio e non derivato anche al “valore” del dialogo e di una strategia orientata all’intesa nell’ottica non tanto del male minore o del minimo comun denominatore, ma della ricerca dell’equilibrio piu’ “elevato” rispetto ai valori ed ai principi che si confrontano.