Il Muro, la Rete, la Barriera. Filosofia della separazione
Profondo e pervaso da un autentico senso etico e' il testo di David Hare sul Muro o Rete di separazione o Barriera difensiva (a seconda dei punti di vista e dei luoghi considerati) che separa fisicamente Israele dalla Cisgiordania (o i brandelli che di essa rimangono per il futuro o futuribile Stato palestinese) pubblicato sul numero del 30 aprile della "New York review of books". E' la cronaca di un viaggio in un luogo del mondo in cui una nazione fa registrare l'84 percento dei suoi cittadini a favore di questa "separazione strutturata", che sembra ormai rispondere non piu' solamente ad una legittima esigenza difensiva (per quanto esasperata e soddisfatta maldestramente ed illusoriamente) ma ad una sorta di rassegnata "filosofia della separazione". Ed e' abbastanza ironico che di questo si parli mentre invece sembra perdere vigore la pur irrinunciabile prospettiva dei "due popoli, due Stati". La nuova filosofia della separazione prospetta una "separazione in casa", un modello "cipriota" i cui caratteri non sembrano affatto attagliarsi al confronto israelo-palestinese. Una separazione che rischia di coinvolgere anche gli stessi arabi israeliani (cioe', per essere chiari: cittadini israeliani). Il Muro, dunque. Qualche dato fornito da Hare: il progetto completo prevede uno sviluppo per una lunghezza di 486 miles, che corrisponde all'intero confine orientale di Israele, e dovrebbe essere completato l'anno prossimo, nel 2010. Piu' che un muro, e' un complesso sistema di ostacoli, largo dai 30 ai 150 metri, del valore di 2 miliardi di dollari (circa 2 milioni di dollari al chilometro) e che comprende trincee, reti a carica elettrica, torrette di controllo, blocchi di cemento, posti di blocco, stretti pattugliamenti stradali, filo spinato. Quando Tony Blair fu nominato inviato per la ricostruzione economica dei Territori Palestinesi, nel giugno del 2007, c'erano 521 posti di blocco israeliani in Cisgiordania; oggi ce ne sono 699. La cosa che piu' mi ha colpito e' che in una terra arida sono stati abbattuti, per erigere il Muro o Barriera, ben 120.000 alberi. Il Muro non rispetta in molti punti la Linea Verde, vale a dire il confine provvisorio tra Israele e Cisgiordania. Ben 140.200 coloni israeliani vivono gia' oggi tra la Linea Verde e il Muro, che ha "sconfinato". Inversamente, 93.000 Palestinesi vivono "al di qua" del Muro, pur trovandosi entro la Linea Verde. Su tutto e su tutti - osserva Hare - domina un sentimento di paura che nessuna rete di protezione, muro di cinta o barriera difensiva puo' dissipare. Da una parte e dall'altra. Come afferma David Grossman, "la sopravvivenza diventa il nostro unico scopo. Viviamo al fine di sopravvivere, non per vivere. Voglio cominciare a vivere. Voglio delle porte nel Muro."