Riprendo gli appunti scritti in occasione della presentazione del libro di Paolo Gomarasca, Meticciato: convivenza o confusione? (Marcianum Press, Venezia 2009). Una riflessione bella e profonda sulle "contaminazioni" delle identita'. Per Gomarasca, "il multiculturalismo promette 'riconoscimento reciproco', ma contemporaneamente rinuncia ad una 'comprensione sociale condivisa'". Il multiculturalismo si limita, per cosi' dire, a stabilire delle regole minime di coesistenza pacifica. Manca pero' la relazionalita' tra le culture che esso istituzionalizza.Vi e', in altre parole, l'assenza di una dimensione "interattiva", in quanto il multiculturalismo non richiede ne' prevede alcun apprendimento reciproco fra le culture. Gomarasca tenta di proporre un nuovo modello, atto a "superare le aporie delle politiche multiculturali"; un progetto politico "realmente disponibile a generare solidarieta' tra estranei". Gomarasca compie un raffinatissimo "excursus" (in "dialogo ideale" con Hegel, Kant, Marx, Gramsci, Habermas, Derrida, Deleuze, Rorty, Taylor, Fayad...) sulla nozione di meticciato, inoltrandosi nella letteratura della "conquista" e in quella "post-coloniale", precisando che il concetto di "meticcio" non ha nulla a che vedere con la percezione di una "ibridazione" o semplice sommatoria. Nel pensiero "meticcio" sembra porsi l'alternativa tra una concezione del meticciato come "ibridismo indiscriminato" e "nomadismo delle differenze". Per superare tale dicotomia, occorre tentare la strada di un "pensiero non meticcio del meticciato". Il "meticcio" inteso in questo senso specifico
e' un novum che nasce dalla relazione dell'uno con l'altro, ma che non puo' essere ridotto ne' all'uno ne' all'altro.
Gomarasca precisa che
non si tratta di un semplice effetto aggregato dell'uno e dell'altro singolarmente presi, come se fosse possibile sommare le loro rispettive culture, bensi' di un effetto emergente, che risulta dallo scambio, dalla relazione (aperta e imprevedibile) dell'uno con l'altro (....) La nuova identita' e' davvero terza perche' nasce dall'aver messo creativamente in gioco la propria identita' nella relazione con l'identita' dell'altro. E non c'e' vita buona (....) senza questo interesse di legame.
Mi sembrano poi straordinarie le considerazioni di Gomarasca sulla difficolta' di ricostruire un percorso della fraternita' (come specificazione o anche come "ragione" del meticciato) a prescindere dall'analogo concetto di "filiazione". Con tale categoria Gomarasca compie
un tentativo di declinare a livello antropologico la fondamentale co-appartenenza di tutte le cose nell'essere. (.....) La storia ci mostra (...) che l'ossessione per la purezza, per l'esclusivita', conduce a un vicolo cieco. Viceversa, la filiazione, come riconoscimento di un'origine comune, e' condizione necessaria della vita buona.