Religione e relazioni internazionali

Sempre maggiore attenzione viene dedicata da analisti, commentatori e policy makers al crescente ruolo delle religioni nelle relazioni internazionali, nella consapevolezza che le questioni identitarie e culturali in genere siano divenute cruciali per la stabilita', la pace e la cooperazione internazionale. Molte sono le iniziative che si registrano sia a livello di strutture diplomatiche che di riflessione strategica nella direzione di una maggiore attenzione al rapporto tra religione e politica internazionale. Non e' esagerato affermare che si tratta di una tematica che assume ormai un’importanza analoga – fatte le debite differenze - a quella della non-proliferazione nucleare. La prospettiva che sottolinea il ruolo e la funzione delle religioni sulla scena mondiale si affianca, con pari forza e dignita' analitica, nella sua versione “costruttiva” di dialogo tra le civilta', ai due paradigmi contraddittori della “fine della storia”, da una parte (in termini di affermazione globale del modello democratico-liberale), e dello “scontro di civilta'” dall’altro (che invece sottolinea la sostanziale “intraducibilita'” reciproca delle culture e delle civilizzazioni). Si tratta, infine, di una necessaria integrazione dei parametri utilizzati nell’analisi politico-diplomatica, senza la quale appare impossibile comprendere la gran parte delle trasformazioni o anche involuzioni presenti in diverse regioni, dal Medio Oriente ampliato all’Asia Centrale. L’attuale situazione internazionale ci pone l’obbligo morale di condurre una politica pro-attiva nella direzione della reciproca comprensione inter-culturale, attuata attraverso concrete pratiche di dialogo e di ascolto delle reciproche “ragioni”. Lavorare per un nuovo ordine mondiale pacifico, pluralistico e condiviso anche sotto il profilo del reciproco riconoscimento delle identita' (incluse quelle religiose) non e' un obiettivo idealistico; al contrario, si tratta di una politica estera fortemente realistica, in quanto essa consente di prefigurare concrete e solide alternative al confronto ed al conflitto. La politica inter-culturale a livello internazionale non si basa, infatti, su costruzioni astratte, ma sulla “ragion pratica”. In questo rinnovamento dei paradigmi della diplomazia e dell’azione di politica estera entrano in gioco la consapevolezza di essere entrati in un fase multipolare, la necessita' di una nuova e piu' ampiamente accettata legittimita' delle norme e delle istituzioni internazionali, un’idea di pace di respiro ampio ed articolato, che comprenda anche gli aspetti – da essa inscindibili -della giustizia (in termini di possibilita' di sviluppo per tutti) e della riconciliazione come metodo per risolvere alla radice le contrapposizioni piu' pervicaci. Nel contesto delle attivita' promosse nell’ambito dell’«Alleanza delle civilta'», si svolgerà a Trento il 22-23 ottobre prossimi un seminario internazionale su 'Religione e relazioni internazionali. Opportunita' e sfide'. Vi parteciperanno una trentina di persone, individuate tra i maggiori esperti e studiosi del tema in argomento, oltre a rappresentanti di movimenti ed organismi religiosi particolarmente attivi a favore del dialogo interculturale e di organizzazioni internazionali impegnate in questo settore. Attraverso il seminario si intendono perseguire tre obiettivi; analizzare l'evoluzione della teoria delle relazioni internazionali di fronte al riaffermarsi delle religioni; approfondire il ruolo delle religioni quale strumento di diplomazia preventiva; infine, valutare la funzione che le riunioni dei leaders religiosi ad alta visibilita' (come quella svoltasi recentemente a Roma su iniziativa della CEI in occasione del G8, o di altro genere, come la 'preghiera per la pace' di Assisi del 1986) possono svolgere per la promozione di un clima maggiormente favorevole alla reciproca conoscenza, al dialogo 'strutturale' tra le grandi aree religiose e culturali del pianeta e al rafforzamento delle convergenze su tematiche di carattere globale. Il seminario consentira' di elaborare, oltre ad una sintesi finale dei lavori, una serie di raccomandazioni per gli attori statali e non-statali, soprattutto con riferimento al ruolo che le convinzioni religiose possono assumere in termini di diplomazia preventiva.