Tunisia: far crescere la società civile


La crisi tunisina, oltre che politica e istituzionale, è anzitutto una crisi sociale ed economica. Non sembrano esserci risposte per le prospettive di lavoro e di integrazione dei giovani, non si aprono nuove opportunità per le donne (il caso della giovane attivista tunisina di 'Femen' che ha sperimentato il carcere è un segnale di allarme) non sembra delinearsi una rinascita culturale e identitaria. Erano queste le principali promesse della "rivoluzione dei gelsomini" dell'inizio del 2011, assieme alle richieste di apertura del sistema politico a nuovi protagonisti. Sicuramente sono entrati nuovi attori sulla scena politica, e in particolare i partiti di ispirazione islamica (come Ennahda), ma essi finora non sono riusciti a imprimere un cambiamento che si accompagni alla speranza. Intanto si sono moltiplicate le azioni intolleranti e violente di un formazioni salafite. Negli ultimi mesi abbiamo assistito, oltre che a vari disordini,  all'assassinio di Chokri Belaid, leader del Movimento dei Patrioti Democratici, alla conseguente crisi di governo e alla nascita di un nuovo esecutivo "forte" guidato da Ali Laarayedh, già ministro degli Interni nel 2011; e all'uccisione di Lofti Nagdh, coordinatore regionale del partito secolarista Nidaa Tounes.
Significa, tutto ciò, che dobbiamo perdere la fiducia in un rinnovamento della società e della politica in Tunisia e, di riflesso, in tutto il mondo arabo-islamico? Certamente no; d'altra parte, anche in Europa e in molte altre parti del mondo la democrazia non sembra purtroppo godere di buona salute. Il fatto è che le aspettative create dalla primavera araba, dopo decenni di autoritarismo, erano altissime, sia all'interno che in ambito internazionale. Non si può tuttavia passare dall'euforia allo scetticismo nel giro di pochi mesi. La strada per il consolidamento delle istituzioni democratiche è lunga e irta di ostacoli, e coloro che le vedrebbero volentieri naufragare a vantaggio dei militari, da un lato, e degli islamisti radicali, dall'altro, sono molti e agguerriti. Ecco perché, in definitiva, il consenso goduto dall'Islam politico, rispetto agli estremismi di diverso segno, può rappresentare una risorsa nella direzione di una stabilità con però contenga anche i segni di un mutamento di rotta. Ciò che deve crescere e acquisire spazio e voce è la società civile, vale a dire le persone, le famiglie e le imprese che ancora sperano e si impegnano per una Tunisia più giusta, radicata nella sua identità, ma aperta al dialogo.