Giovanni Sale, "Stati islamici e minoranze cristiane", Jaca Book, Milano 2008
(recensione di Michele Brignone, Centro Oasis, www.oasiscenter.eu.)
Già noto per i suoi lavori sulla Chiesa e sul cattolicesimo in età contemporanea, lo storico e gesuita Giovanni Sale prende in esame in questo volume la recente evoluzione degli stati islamici e la situazione delle minoranze cristiane. Lo fa a partire da una serie di casi studio (Impero ottomano e Turchia contemporanea, Egitto, Arabia Saudita, Iran, Pakistan, Afghanistan, Sudan, Africa Occidentale, Maghreb, Iraq, più un appendice sulla coabitazione nel Mediterraneo fra cristiani, musulmani ed ebrei), alcuni dei quali già precedentemente trattati e pubblicati nella rivista La Civiltà Cattolica e successivamente rivisti, ampliati e aggiornati. Dalla lista mancano alcune realtà tutt'altro che marginali, come la Palestina e il Libano, ma la loro assenza è giustificata dalla scelta dell'autore di non affrontare situazioni che «meriterebbero una trattazione a parte», e che «non rappresentano, almeno per il momento, modelli significativi di stato islamico».
Il filo rosso che attraversa e unisce la serie di saggi dedicati ai singoli stati è già tutta contenuta nel titolo del volume. Ogni contributo analizza infatti il processo, visibile in tutti gli stati musulmani, di radicalizzazione politico-religiosa e ne esamina le ricadute sulle minoranza cristiane. Certo, vista anche la sintesi imposta dai saggi che compongono il volume, l'autore non può entrare in maniera molto approfondita nel dibattito sulla politicizzazione dell'islam e si abbandona talvolta ad alcune affermazioni discutibili (per esempio considera il politico pakistano Ali Jinnah un musulmano moderato, giudizio forse corretto dal punto di vista culturale, ma non da quello religioso, visto che il personaggio in questione era agnostico se non ateo e stabilisce una troppo facile equazione tra islam sufi e militanza politica). Ma, nel complesso, il libro offre al lettore non specialista una buona chiave di lettura di un fenomeno che fa ormai parte delle cronache quotidiane.
Ne emerge un quadro piuttosto omogeneo a dispetto dei diversi contesti geografici, politici e sociali trattati. In quasi tutti i paesi presi in esame, infatti, alle garanzie formalmente presenti nei singoli ordinamenti giuridici non corrisponde una reale tutela delle minoranze religiose. Questo non solo perché l'avanzata del fondamentalismo islamico sta causando un progressivo peggioramento della condizione della vita della comunità cristiane presenti nel mondo islamico. Ma anche perché in molti paesi musulmani non è mai stata risolta la questione dello status giuridico delle minoranze non musulmane. In questa prospettiva si danno in generale due possibili situazioni. Da una parte vi sono i paesi che tradizionalmente non conoscono la presenza di minoranze cristiane e molto semplicemente considerano stranieri i fedeli cristiani. Dall'altra si trovano invece i paesi che facevano parte dell'Impero Ottomano e nei quali si registra una presenza storica di comunità cristiane. Sotto l'Impero, la vita di questa comunità era disciplinata dal regime dei millet, che, pur ponendole in una situazione di subordinazione giuridica rispetto ai musulmani, garantiva loro un'ampia autonomia. L'abolizione dei millet non si è tradotta in un miglioramento dello status delle minoranze, dal momento che l'equiparazione ottenuta con la nascita degli stati nazionali è rimasta un concetto puramente formale, lasciando aperta la questione di una effettiva co-cittadinanza.