Il dialogo, "arma strategica"
Ad un convegno sull’Iran l’Ambasciatore Roberto Toscano (www.robertotoscano.org), che e’ stato titolare dell’Ambasciata a Teheran ed e’ ora in India, ha detto alcune profonde verita’ sul dialogo. Semplici constatazioni, ma che hanno difficolta’ ad emergere perche’ troppo spesso annegate nel turbinio delle polemiche e nei giudizi trancianti dei cosiddetti “realisti” delle relazioni internazionali. Toscano ha affermato che il dialogo non e’ una gentile concessione che si fa all’avversario, ma una scelta politica deliberata, compiuta perche’ coincide con un preciso interesse (nazionale o internazionale). Si dialoga per uscire da un vicolo cieco, per evitare un conflitto, per risolvere un contenzioso. Non e’questa l’essenza della diplomazia? Ma il dialogo e’ anche un’arma strategica. Solo in apparenza, infatti, il dialogo rafforza gli interlocutori “malvagi”, come i sistemi autoritari, dittatoriali, illiberali. In realta’ il dialogo rovescia i regimi, assai piu’ delle “guerre preventive”. Quanto accade a Teheran rappresenta la percezione esatta che i fautori dello status quo hanno del dialogo, considerato come una possibile, pericolosa crepa per la struttura del potere. Toscano ha menzionato la Conferenza di Helsinki del 1975, che sfocio’ piu’ tardi nella creazione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Anche allora gli “iper-realisti” sostenevano che la Conferenza avrebbe rappresentato il piu’ grande favore che si potesse fare all’Unione Sovietica (Toscano ha lavorato anche all’Ambasciata a Mosca in quegli anni), che ne avrebbe tratto un vantaggio politico-diplomatico. La Conferenza, secondo questa prospettiva, avrebbe consentito la permanenza dell’URSS per molto altro tempo ancora. Cosi’ non e’ stato; ed oggi molti analisti e storici sono concordi nel ritenere che ad Helsinki non si sia affatto verificato il rafforzamento dell’Unione Sovietica; al contrario, da quel momento e’ iniziata la sua dissoluzione.