"Tornare a Madrid....il 3 novembre"


E' stato assegnato a Yossi Beilin – uno dei più attivi ed influenti esponenti della politica progressista israeliana, tra i principali artefici degli accordi di Oslo e animatore dell’Iniziativa di Ginevra – il Premio Archivio Disarmo per la pace “Colombe d’Oro” 2009. La Giuria, presieduta dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, ha attribuito a Beilin il riconoscimento per l’instancabile opera mirata alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Mi hanno in particolare colpito le parole di Beilin molto critiche sulla "road map", che avrebbe sinora impedito - secondo la sua ottica - di affrontare in modo decisivo i nodi della questione israelo-palestinese. Beilin prospetta invece un cambio di parametro negoziale: ritornare cioe' alla prospettiva di un accordo complessivo che consenta di giungere subito allo "stato finale", o che almeno indichi con precisione quale sia l'esito del dialogo o del confronto. Cosa che nella situazione attuale non e' affatto chiara: persino il postulato (che e' stato tale sino ad ora) "due popoli, due stati" e' oggetto di rivisitazione radicale! Beilin propone con convinzione il ritorno allo spirito di Madrid, vale a dire alla disponibilita' ad un negoziato vero, a tutto campo, che coinvolga tutti gli attori principali (Israele, Autorita' Palestinese, Siria, Libano, Paesi arabi). In fondo si tratterebbe di uno scenario "normale" per la soluzione delle grandi crisi internazionali: e cioe' una conferenza internazionale senza precondizioni e senza "tracce" gia' scritte. Nel momento attuale appare una prospettiva inattuale, persino irrealistica. Tuttavia Beilin ci ha ricordato una frase triste e profonda, ma anche piena di speranza e carica di precisa volonta' politica, che lo scomparso Re Hussein di Giordania gli disse nei momenti conclusivi della sua vita: ritorniamo al 3 novembre. Re Hussein intendeva con cio' riferirsi al clima di speranza per la pace che aveva prevalso sino al giorno prima l'assassinio di Yitzhak Rabin, il 4 novembre 2005. Accanto alla metafora della data, emerge anche la metafora del luogo, e cioe' come gia' accennato, il "ritorno a Madrid". Su questa idea insiste da tempo ad esempio Padre David-Maria A.Jaeger,presidente dell'associazione culturale 'Europe-Near East Centre' (ENEC), da decenni attento osservatore delle vicende politiche e religiose della Terra Santa. Affermava Padre Jaeger gia' nel 2006, al termine del conflitto tra Israele e Libano:
Pace, come insegna la tradizione cattolica, è in essenza "tranquillitas ordinis"; assenza di ostilità, certo, ma questa è anche frutto dell'ordine. Ed è lungo il tempo trascorso per mettere un po' d'ordine nella enormemente disordinata situazione all'interno ed intorno alla Terra Santa. Per aiutare Israele a raggiungere la pace con ognuna delle nazioni vicine, Palestina, Siria, Libano. Non separatamente o frammentariamente - come talvolta finora tentato - ma tutti insieme.(...) Una delle bizzarre caratteristiche dell'attuale situazione è che i "contenuti" della futura pace sono già ben noti, sono stati sostanzialmente calcolati ed espressi per anni. La mancanza di pace non è dovuta alla difficoltà di pensare i "contenuti" - qualcuno, naturalmente, resta ancora da essere elaborato, ma sono essenzialmente solo gli ultimi dettagli. Il problema è la mancanza di un "meccanismo" per tessere insieme questi "contenuti" in un tutto senza cuciture, l'assenza insomma di decise iniziative per porre in opera un "meccanismo". Tale "meccanismo", una volta è stato creato ed anche avviato. Era un momento di grazia nei rapporti internazionali, all'indomani della "prima guerra del Golfo", quando l'Organizzazione delle Nazioni Unite, secondo quanto prevede il suo Statuto, ha agito per cacciare l'aggressore da un piccolo Paese, che il suo più potente vicino pensava di aver definitivamente cancellato. Il "meccanismo" era la "Conferenza regionale per la pace" di Madrid, che si è riunita per la prima volta nella capitale spagnola alla fine dell'ottobre 1991. Tutte le parti interessate avevano accettato l'invito ad essere presenti e, insieme all'invito, anche i principi guida di questo ultimo serio sforzo internazionale per mettere pace tra i popoli della Terra Santa ed i loro vicini. L'allora presidente statunitense George Bush, con l'allora Unione Sovietica (che presto sarebbe divenuta la Federazione russa) guidavano l'iniziativa e le due grandi potenze presiedevano insieme la Conferenza. Ben presto, però, il tentativo fu abbandonato. Alcuni dei partecipanti pensavano di poter raggiungere migliori risultati raggirandolo. Forse qualcosa ebbero, a breve, brevissima scadenza, ma abbandonando lo sforzo di una pace veramente "regionale" - basata sia su trattati bilaterali di pace correlati, sia su accordi multilaterali riguardanti questioni comuni (l'ambiente, l'acqua, il commercio) - alla fine non hanno aiutato l'impegno complessivo, effettivamente emarginandolo, togliendolo internazionalmente dal tavolo, con le (involontarie) deplorevoli conseguenze che, alcuni anni più tardi, sono divenute così dolorosamente evidenti. Ora, per quanto sia dato sapere, la Conferenza di Madrid non è stata mai ufficialmente chiusa. E' lì, sullo scaffale, che aspetta di essere ripresa e rimessa in moto. E' interessante, inoltre, che il livello di formali "carte" internazionali, dal 1991 si è sviluppato in modo da poter rendere il suo lavoro più facile, le sue prospettive più chiare. Per esempio, c'è stata, fra le altre, la risoluzione 1559 (ribadita dalla 1701); il reciproco riconoscimento fra le Nazioni israeliana e palestinese, nel 1993; e - forse la più significativa - l'iniziativa del Vertice di Beirut della Lega araba (prima chiamata "Iniziativa saudita") del marzo 2002, che prevede pace tra Israele e tutti i Paesi membri della Lega Araba, un totale rovesciamento dei noti "Tre no" del vertice di Kartoum del 1968 della stessa Lega.Una rinnovata Conferenza di Madrid, se i suoi due co-presidenti avessero l'audacia e la lungimiranza di riconvocarla, potrebbe lavorare anche su questi elementi, e molti altri, per edificare quell'ordine che potrebbe mettere la Terra Santa e i Paesi confinanti in una duratura "tranquillità di ordine".