Hamas tra politica e violenza


L'amica Paola Caridi, che vive a Gerusalemme, ha presentato ieri, 23marzo, all'Universita' di Roma Tre, il suo libro Hamas. Che cos'e' e cosa vuole il movimento radicale palestinese, edito da Feltrinelli. Paola ha compiuto un meticoloso lavoro di ricerca, con molte fonti documentali dirette. Si tratta, come lei stessa spiega, di un lavoro svolto con lo spirito di chi studia - senza pregiudizi e senza simpatie - la storia di un movimento politico, secondo il metodo di Paolo Spriano, alla cui scuola Paola si e' formata. Un contributo essenziale per dissipare la cortina fumogena che circonda un movimento, gia' di per se' opaco, nel quale si combinano il ricorso alla violenza sotto forma di atti terroristici ed un dibattito politico interno insospettabile e indecifrabile se ci si limita a navigare sulla superficie delle poche informazioni che trapelano su Hamas. Una storia per molti versi paradossale e inquietante, con sviluppi che spesso violano il principio di non-contraddizione, perche' al contempo inevitabili e determinati, e indotti o accelerati dall'esterno. Una storia che rivela pero' anche - che ci piaccia o no - un radicamento sociale e un'articolazione politica che sorprendono e inquietano. Insomma, in ogni caso, un libro che vale la pena di leggere. Ne riporto i brani finali, che mi sembrano rivelatori di quest'approccio che tiene conto sia della pericolosa ambivalenza che della complessita' del fenomeno Hamas. La tesi di fondo di Paola e' che l'accesso al potere di Hamas, dopo le elezioni del gennaio 2006 ed il successivo "colpo di stato" a Gaza, non rimane senza infuenza e conseguenze sulle fattezze del movimento, la cui evoluzione o involuzione futura dipendera' proprio dal prevalere o dall'arenarsi di questo coinvolgimento nell'agone politico, come avvenuto nel caso di altre formazioni che hanno progressivamente abbandonato l'opzione terroristica e accettato il confronto sul terreno negoziale ed in termini realistici. C'e' da augurarselo.
Ha ragione, insomma, chi sostiene che i movimenti radicali delle aree di crisi, quelle che hanno insito nella ragione della propria nascita il dualismo resistenza-politica, rivoluzione-politica, non possano non entrare - prima o poi - nella cornice negoziale, nell'alveo di una dialettica sostenibile con le istituzioni. E’ successo nella realta’ irlandese, dove la completa politicizzazione del binomio Sinn Fein-Ira non è stato un percorso semplice, anche se nel ricordo il tempo ha reso piu’ tenui e morbidi i colori di quella storia, invero molto dura e per nulla lineare ne scevra da difficolta’ che allora sembrarono insormontabili. E’ successo, dunque, nel cuore di un'Europa che, invece, era tutto sommato pacificata, ed è avvenuto in contesti decisamente piu’ complessi, come il teatro africano. Dal percorso verso il potere seguito dall'Anc sudafricano, alla cooptazione della Renamo, la resistenza conservatrice mozambicana, spinta nell'alveo politico dai negoziati di pace condotti dalla Comunita’ di Sant'Egidio, quando le armi ancora parlavano e la questione del riconoscimento della Renamo era tabu’ per alcune cancellerie. La totale politicizzazione di un movimento che usa le armi e ricorre al terrorismo non segue mai una linea retta, né è privo di fasi nelle quali si torna indietro alla scelta armata. Il definitivo salto al di qua della barricata è responsabilita’ prima dei diretti protagonisti, ma non è mai ininfluente il contesto, in questo caso il conflitto. Ne' è ininfluente il peso di chi è gia’ presente sulla scena, attorno ai principali contendenti. Dalle differenti anime del mondo arabo, e del Medio Oriente nella definizione piu’ ampia. All'Unione europea, ancora opaca nella sua abilita’ di attore della politica mediterranea. Sino agli Stati Uniti che si affacciano alla regione con un nuovo segno e una nuova immagine, quella obamiana. Gli ultimi anni di Hamas hanno insomma dimostrato che la discussione sulla partecipazione politica e' stata troppo intensa e diffusa per poter essere considerata solo una parentesi. L’ingresso nel potere ha, con la forza della realta’, cambiato qualcosa dentro Hamas, anche se non e' ancora possibile delineare con precisione quanto, in quali termini, per quanto tempo. Perche la storia del movimento islamista non si puo’ ritagliare, come una figurina, e incollarla su Gaza, come se la Striscia fosse veramente il luogo entro il quale l'esistenza di Hamas si conchiude. La storia del movimento islamista e’ dentro Gaza e dentro la Cisgiordania, ed e’ per questo che non la si puo’ staccare da un processo ancora in atto nella politica palestinese, e dove la transizione del dopo-Arafat e la comparsa, sulla scena istituzionale, di élite diverse da quelle che avevano gestito il processo di Oslo. Quelle élite sono tutte dentro una dimensione nazionale, e per "nazionale" si intende proprio quella Palestina entro i confini della Linea verde, formata da Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Una dimensione nazionale che potrebbe sembrare in contraddizione con la presenza, a Damasco, di una dirigenza islamista cosi’ influente sulla Hamas che si trova all'interno dei Territori occupati e cosi’ legata al mondo dei profughi del 1948 e del 1967. Eppure, anche quella leadership dell'estero fonda la sua dimensione nazionale sulla Palestina dell'Anp, come un dato di fatto consolidato, ed è di quella Palestina dell'Anp - con tutto cio’ che comporta anche dal punto di vista dei programmi politici - che non puo’ piu’ fare a meno. Né prescindere.