L’uscita di alcuni film di successo, di genere in senso lato “musical” e a
soggetto evangelico, ha risvegliato da alcuni decenni anche in Italia l’interesse
per brani a soggetto religioso. Godspell è un film del 1973, e fu tratto
da un musical di John M. Tetelax del 1971; si potrebbe definire nei termini
dell’applicazione della cultura musicale hippie, dei “figli dei fiori”, al
messaggio evangelico di una vita pacifica, semplice e serena, anche grazie al
sostegno di una comunità. Il famosissimo Jesus
Christ Superstar è del 1973, e rappresentò – tra mille polemiche - l’espressione
del “pop” applicato al Vangelo.
Ma è con altri due film di stampo religioso e musicale che si afferma,
anche in Europa, l’irresistibile fascino del canto Gospel. Mi riferisco, in primo luogo, al celeberrimo Sister Act del 1992 (seguito da Sister
Act II del 1993), in cui il coro Gospel è lo strumento che consente di
risvegliare il senso della comunità e di attrarre i giovani in un contesto
degradato. Nel 1996 uscirà The Preacher’s
wife (“Uno sguardo dal Cielo” è l’improbabile
traduzione italiana), con l’indimenticabile Whitney Houston e il Georgia Mass
Choir. Sarebbe eccessivo sostenere che la nascita di numerosi cori Gospel anche da
noi in Italia sia dovuta a tali successi di botteghino; tuttavia è innegabile
che le emozioni e le situazioni evocate dalla filmografia che ho brevemente
ricordato abbiano fatto da catalizzatore di un desiderio di esprimere con nuovi
(per noi) registri canori i valori universali del Vangelo, soprattutto quelli
legati alla fraternità universale e all’unità del genere umano al di là delle
differenze e delle specificità di ogni popolo. Si sentiva forse l’esigenza di esplorare nuove dimensioni musicali della
fede dopo gli esperimenti della cosiddetta “Messa beat” della metà degli anni
’60 e dell’inizio degli anni ’70. Si trattò, allora, di un’esperienza di
“Gospel” all’italiana (come nel caso del…Western all’italiana), specie nel caso
del maestro Marcello Giombini, che scrisse nel 1966 la "La Messa dei
Giovani", per voci, chitarre, basso, tastiere e percussioni. La prima
esecuzione avvenne presso l'Aula Borrominiana dell'Oratorio di San Filippo Neri
alla Vallicella il 27 aprile del 1966, davanti ad un folto pubblico ed ebbe un’ampia
risonanza sui mass media, che collegarono (un po’ arbitrariamente) il nuovo
stile musicale al rinnovamento della Chiesa innescato dal Concilio Vaticano II.
Ha un senso lo stile Gospel alle nostre latitudini? Direi senz’altro di sì.
Si tratta di un canto che pur avendo le sue radici profonde negli spirituals del periodo precedente
l’emacipazione degli afro-americani dalla schiavitù, e quindi fondato su
indicibili sofferenze, è coinvolgente, eleva l’anima, dà un senso di gioia e di libertà. L’obiezione che spesso viene posta è che il Gospel
suona come un canto “estraneo”, e pertanto non sarebbe adatto alla nostra cultura.
Bene: quanti di voi, oggi, si sentono a proprio agio con il gregoriano (tra
parentesi, un’espressione artistica eccelsa e di grande intensità spirituale)?
Nel caso del Gospel, non è il colore della pelle o il Paese di origine che
conta, ma la capacità di saper esprimere con la stessa intensità quel senso del
divino e del rapporto con Dio contenuto nei canti Gospel. Eseguire un gospel
non è mai un’esibizione o una dimostrazione di bravura tecnica. Di più: un
gospel non si esegue, si vive. Se è vero Gospel, è sempre una
profonda esperienza spirituale, un incontro con Dio che si fa insieme agli
altri coristi.
Per questo occorre preparare bene i canti Gospel: è necessario, anzitutto,
che se ne comprenda il vero senso (e non solo il significato delle parole), se
ne conosca la genesi e il contesto in cui nasce. Non bisogna mai dimenticare che, in tutte le sue espressioni, il canto
spirituale è, da un lato, un vero e proprio ministero liturgico (un «compito ministeriale
nel servizio divino» secondo il Concilio Vaticano II), dall’altro un servizio alla comunità attraverso
un’espressione artistica significativa e profonda, e non semplicemente o solo
ricreativa. E il canto Gospel non fa eccezione.