Il recente vertice del G7, nonostante l'atteggiamento russo teso a minimizzarne il significato, costituisce, in realtà, un momento di ri-definizione della cosiddetta "governance globale". In quanto gruppo informale, e non vera "istituzione internazionale", il G8 è costituito, in fondo, da "auto-nominati" e se ne diventa membri in base a cooptazione. Proprio questo suo carattere destrutturato aveva consentito, con la fine della Guerra Fredda, di invitare la Russia a farne parte, senza troppe complicazioni. Tuttavia, nella sostanza, la Russia non si era mai fino in fondo integrata in un gruppo che – ricordiamolo – è nato per favorire il coordinamento tra le principali potenze industriali che adottano sistemi economici e politici di tipo occidentale. Dopo gli entusiasmi iniziali, ben presto si era dovuto prendere atto che su molte questioni di politica internazionale, e in particolare nell'ambito della sicurezza, la Russia andava per conto suo. Da questo punto di vista, il G7 non è mai diventato davvero G8. Tuttavia la partecipazione della Russia era legata alla prospettiva di una ripartenza nella collaborazione tra Mosca e Washington dopo la caduta del Muro di Berlino. Da questo punto di vista, la trasformazione del G7 in G8 aveva assunto un valore politico e simbolico importante. Per questo motivo, benché il Ministro degli esteri russo Lavrov abbia dichiarato che “non è una tragedia” per la Russia non far più parte del gruppo, ciononostante si tratta di un’involuzione rilevante, che ha anch’essa un valore altamente simbolico. Inoltre, dopo l’annessione della Crimea la percezione della Russia sul piano internazionale non sarà più la stessa; in qualche modo, l’effetto negativo in termini di “legittimità” internazionale della mossa di Mosca è paragonabile, per le conseguenze a lungo termine, all’intervento americano in Iraq nel 2003. L’onda lunga di quella decisione unilaterale presa dall’Amministrazione Bush cambiò per oltre un decennio la “reputazione” degli USA non solo nel mondo arabo-islamico, ma su scala globale. Allo stesso modo, le ripercussioni dell’annessione della Crimea si faranno sentire non solo in Europa Orientale, ma in tutta l’Eurasia (compreso il Caucaso) e a livello mondiale. Nel mondo contemporaneo non contano più solo il potere militare o economico; conta altrettanto, e in modo strutturale, l’identità di un Paese in quanto membro responsabile e affidabile della comunità internazionale. Non è un caso che Europa e Stati Uniti abbiano avviato una riflessione concreta sulla riduzione della dipendenza da Mosca per le risorse energetiche (che è reciproca: l’ottanta percento delle forniture russe è acquistata dall’Europa!). In prospettiva, la questione della Crimea costringerà gli Stati Uniti a ri-focalizzarsi sull’Europa, e non solo sull’Asia come area di interesse strategico ed economico per Washington. Una prova di questo rinnovato interesse è data dal rilancio del negoziato per la conclusione di un grande accordo di libero scambio e cooperazione economica tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti (il TTIP - Transatlantic Trade and Investment Partnership). E’ presto, forse, per parlare di una nuova Guerra Fredda; siamo piuttosto in una fase di “transizione di potere” a livello mondiale, e in questo riallineamento la Russia non appare come una vera e propria “potenza emergente”, nonostante faccia parte del gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Come avvenuto per Washington, anche Mosca dovrà fare i conti con cambiamenti strutturali; le ambizioni egemoniche, come sempre, non possono prescindere dalle reali capacità e soprattutto con dalla loro sostenibilità pratica e politica. Nel merito, l’annessione della Crimea rappresenta un residuo della decrepita idea che a ogni stato debba corrispondere una ed una sola nazione, e cioè una popolazione omogenea in quanto a lingua, etnia, tradizioni, ecc. Dal Trattato di Versailles in poi, si tratta di un’illusione – quella della perfetta coincidenza tra “stati” e “nazioni” – che ha provocato solo tragedie umane e politiche. Se vogliamo, era più moderna, paradossalmente, la struttura multinazionale dell’Impero Romano o la Respublica Christiana del Medioevo. Leggere un buon libro di storia internazionale, a Mosca come a Washington, non farebbe male.