L'accordo di Losanna sul programma nucleare iraniano può essere letto in due modi. In primo luogo, come un’intesa su alcuni meccanismi che dovrebbero garantire la comunità internazionale sul fatto che l'Iran non intende dotarsi di un'arma nucleare, salvaguardando al tempo stesso il diritto di Teheran di produrre energia nucleare «civile». E’ un accordo quadro, con tre elementi fondamentali: limiti all'arricchimento dell'uranio da parte dell'Iran; progressiva eliminazione delle sanzioni imposte a Teheran; ispezioni intrusive e pluriennali per verificare il rispetto di quanto concordato. L'intento perseguito dai negoziatori rientra nella politica di non proliferazione nucleare; anche se, al momento, ci quattro paesi dotati di armi nucleari al di fuori dal regime di non proliferazione: India, Pakistan, Corea del Nord e, secondo molti analisti, Israele.
La seconda prospettiva da cui guardare all'accordo di Losanna è legata l'attuale situazione di sconvolgimento del Medio Oriente, sia sotto il profilo della sicurezza che dal punto di vista degli assetti geopolitici. Basti pensare al rischio di disfacimento di due paesi-chiave come la Siria e l’Iraq, alla lotta per il potere in Libia, al pericolo di un’ulteriore degenerazione della contrapposizione tra gruppi etnici e religiosi in Yemen - sullo sfondo dell'avanzata dell’Isis, prima organizzazione islamista violenta e militarmente strutturata a volessi farsi «stato» a spese di quelli preesistenti. In questo scacchiere in tragico disordine i due paesi che realmente possono fare la differenza, in senso negativo o positivo, sono senza dubbio l'Arabia Saudita e l’Iran. Ryad e Teheran hanno ingaggiato una dura lotta a distanza - e per procura- per l’egemonia nella regione, capeggiando rispettivamente il campo sunnita e quello sciita. Ma è solo l’etichetta ad essere religiosa, le ragioni sono ben più concrete e legate ad una logica di potere. Gli Stati Uniti, per la prima volta, in nome della stabilità sono pronti ad aprire a Teheran e a mettere alla prova il rapporto con i Sauditi e perfino con Israele. Ci sono rischi, ma il medio Oriente è in fiamme.