(a proposito di una mostra fotografica dedicata a Ernesto Balducci)
I luoghi, anche quelli più remoti, appartati e silenziosi, non sono muti e inerti. Raccontano storie, evocano vicende, trasmettono, in qualche modo, la vitalità di quanti li hanno percorsi, abitati, scelti. E quando i luoghi hanno fatto da cornice, da sfondo, da dimora a personalità come Padre Balducci, sono ancora più eloquenti. Le magnifiche foto presentate da Giovanna Biondi in questa raccolta giocano con la sintassi, non solo in senso letterario, attraverso l’ossimoro della “fuga immobile”, ma anche nel senso della “connessione” profonda della persona con i luoghi. Le foto di Giovanna Biondi, infatti, solo in apparenza rappresentano spazi solitari e vuoti; essi sono in realtà pieni proprio di quell’assenza che implicano, direi quasi della presenza dell’opera, del pensiero e dell’insegnamento di Ernesto Balducci.
Sono spazi profondamente diversi, paradigmatici sia di un Paese fisico, fatto di splendidi paesaggi naturali e di magnifiche architetture, che di un Paese dello spirito, in parte invisibile, costituito da nobili vicende ideali e di scelte di vita radicali. Nelle immagini presentate dalla fotografa si colgono entrambe le dimensioni; esse sembrano disegnare un percorso, una narrazione puntellata di tappe e di svolte, di partenze e di ritorni. Più che la successione cronologica, conta la scansione direi biografica, che coinvolge non solo il protagonista, ma anche l’osservatore ammirato e, alla fine, assorto.
Sarebbe un’ovvietà sostenere che proprio gli spazi della Badia Fiesolana, in cui si intrecciano in modo inestricabile paesaggio ed architettura, natura e cultura, physis e nomos, costituiscono la sintesi di tale percorso. Ciò che conta è che Padre Balducci non è qui solo un ricordo o una personalità da celebrare, ma una sfida costante per il pensiero e per l’azione, un invito a coniugare la teoria con la pratica, la ricerca pura con le applicazioni, almeno quelle possibili nel campo peculiare delle scienze sociali.
E dunque la severa riservatezza del chiostro deve potersi confrontare con l’effervescenza e l’apertura dell’agorà.
Sono proprio questi – il chiostro e l’agorà - i due poli della vicenda umana, spirituale e politico-filosofica di Ernesto Balducci. Una vicenda che l’arte fotografica di Giovanna Biondi, nell’era frenetica del mondo multimediale, fissa con acume e intelligenza, mostrando come sia davvero possibile, grazie alla creatività assistita dalla tecnica, non solo che l’immagine non soffochi l’immaginazione, ma che anzi dia ad essa la più ampia possibilità di manifestarsi e di coinvolgere.