John Kerry, il "nuovo" Segretario di Stato nella
seconda Amministrazione Obama, non è un "uomo nuovo".
Oltre ad essere ben noto per la dura campagna presidenziale per le elezioni del
2004 (che perse a vantaggio di Bush, che ottenne il suo secondo mandato), è conosciuto a Washington per essere doppiamente "un
veterano". Anzitutto per aver
combattuto in Vietnam (una guerra che ancora oggi è ben presente nella coscienza civile americana); e poi per
essere senatore di lungo corso, con una presenza nel Senato USA di più di 28 anni! Dunque, Obama ha preferito puntare, per
l'importante dicastero che dirige la politica estera americana, su una garanzia
di qualità, piuttosto che
sull'innovazione.
Una scelta, se vogliamo, "tranquillizzate", che
intende inviare un messaggio rassicurante alla comunità internazionale, troppo scottata dalle scelte avventuriste del primo decennio di questo secolo (basti
pensare a Condoleezza Rice e alla sua "assertività" bellicosa sull'Iraq o sull'Iran).
I primi segnali dell'approccio che Kerry intende adottare
possono essere sintetizzati nei termini di una politica estera che terrà molto conto della politica interna. Non a caso Kerry ha
dichiarato, nella sua audizione per la conferma nell'incarico, che "la
politica estera è politica economica". Il
mondo compete oggi accanitamente per l'accesso alle risorse (specie
energetiche) e per la conquista dei mercati mondiali: Kerry intende rilanciare
il ruolo degli USA nella difficile arena della globalizzazione, ma ciò richiede che gli Stati Uniti facciano ordine in casa loro
al di là delle divisioni di partito
(il riferimento al "baratro fiscale"
è fin troppo chiaro). La novità, in questo ambito, è data dall'accento posto su
temi finora certamente non considerati strategici, come la sicurezza alimentare
e quella energetica, l'assistenza umanitaria, lo sviluppo, il cambiamento
climatico, messi quanto meno sullo stesso piano rispetto alle iniziative di
contrasto al terrorismo ed alla sicurezza (militare) dell'America. Da questo
punto di vista, Kerry sembra voler riprendere il lavoro lasciato a metà da Hillary Clinton, che aveva patrocinato una revisione
della "missione" del Dipartimento di Stato nella direzione di un
"potere civile", dopo un decennio di "potere militare" del
Pentagono. Peccato che lo stesso Kerry si sia anche affrettato a
precisare che la politica degli USA nei confronti dell'Iran e del suo programma
nucleare è "preventiva". Un
aggettivo che non fa rima con diplomazia.