L’accordo
raggiunto a Ginevra il 23 novembre tra rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania (5+1) e Iran sul programma
nucleare di Teheran rappresenta un punto di svolta in tentativi negoziali che
si sono protratti per più di 10 anni.
L'intesa - che ha carattere provvisorio - certamente è il risultato
della nuova leadership del presidente iraniano Rouhani da una parte e della
volontà di Obama di chiudere una partita che ha importanti conseguenze non solo
nelle relazioni dell'Iran con gli altri Paesi della regione e con gli stessi
Stati Uniti ma anche, in prospettiva, sugli equilibri mediorientali più in
generale. Non bisogna dimenticare infatti che l'Iran è un paese che sostiene
fortemente il regime siriano di Assad e che è tra i principali punti di
riferimento regionali del movimento libanese di Hezbollah.
In
che cosa consiste esattamente l'intesa raggiunta a Ginevra? Si tratta di un pacchetto composito di misure
che prevedono da una parte azioni iraniane o, meglio, la fine di alcune
attività sospette come l'arricchimento dell'uranio oltre il la soglia del 20% e
contropartite della comunità internazionale, riguardo in particolare al regime delle
sanzioni che sono state comminate all'Iran nel corso degli anni. In pratica,
l’Iran si impegna ad arrestare, sia pur temporaneamente, ogni attività di arricchimento dell'uranio in
misura superiore alla percentuale del 5%, a non installare nuove centrifughe in
grado di produrre uranio arricchito e di non costruire nuove centrali. Si
tratta di un punto particolarmente importante e controverso. In effetti,
all'indomani dell'accordo del 23 novembre sono subito emerse due
interpretazioni contrastanti: da una parte, il Ministro degli esteri iraniano
Zarif ha dichiarato che l'accordo rappresenta un implicito riconoscimento del diritto dell'Iran a
compiere attività di arricchimento dell'uranio;
dall'altro, il Segretario di Stato americano Kerry ha ribadito che
questo primo passo non implica in nessun modo che l’Iran abbia un “diritto”
all’arricchimento dell’uranio. Altre
componenti fondamentali dell'accordo riguardano la rinuncia iraniana a
costruire (per ora), come già pianificato,
un reattore ad Arak. In secondo luogo, vengono stabilite importanti
misure di trasparenza: la possibilità per gli ispettori dell'agenzia
internazionale dell'energia atomica di compiere visite ispettive nelle centrali
di Natanz e Fordow, previsione di meccanismi di verifica attraverso anche la
creazione di una commissione congiunta dei 5 + 1 con l'Iran. In cambio di tutto
ciò la comunità internazionale (e in particolare gli Stati Uniti), si impegna a
una parziale sospensione delle misure sanzionatorie che hanno colpito l’Iran in
questi anni, anche se saranno ancora in vigore le sanzioni che riguardano il
settore petrolifero iraniano. L'accordo costituisce un’ottima base per poter
poi arrivare, in prospettiva, a una soluzione complessiva della questione del programma
nucleare iraniano. L'intesa raggiunta a Ginevra rappresenta la riprova che la
pazienza negoziale e la tenacia nel perseguire accordi che possono evitare
situazioni conflittuali sono ancora la strada maestra da seguire nelle crisi
internazionali. Bisognerà però rassicurare tutti gli altri attori regionali - a
cominciare da Israele, ma anche i Paesi del Golfo e in particolare l'Arabia Saudita
- sul fatto che si tratta di un accordo preliminare che mira a impedire che
l’Iran si possa dotare di un'arma nucleare; un esito che sarebbe
destabilizzante per tutta l'area, e che renderebbe impraticabile il progetto
politico di un Medio Oriente libero da armi nucleari, senza eccezioni.