Gli "scudi umani" e la filosofia

La retorica della guerra include spesso il riferimento ad una delle atrocita' attribuite al "nemico assoluto", e cioe' l'accusa di usare i civili come "scudi umani". L'argomento e'spesso correlato a quello dei "danni collaterali", cioe' dell'uccisione "involontaria" di civili nel corso di un confronto armato. L'evocazione del termine evoca l'idea di un'intrinseca debolezza, anzitutto militare, prima ancora che etica, di quanti asseritamente farebbero ricorso a tale pratica barbara, che ricorda, nella sostanza, i sacrifici umani dei popoli primitivi, in ragione di una causa collettiva ritenuta superiore alla singola vita umana. Nell'impossibilita' di prevalere militarmente o di resistere ad un attacco, il ricorso agli "scudi umani" avrebbe come obiettivo secondario quello di esercitare una forma di deterrenza nei confronti del nemico preponderante, e come obiettivo primario quello di attirare su di esso la riprovazione generale per aver colpito inermi esseri umani (spesso bambini).
Secondo Alan Dershowitz, il problema puo' essere sintetizzato come segue. Il punto di fondo sarebbe verificare le modalita' attraverso le quali i gruppi terroristici o resistenti sfruttano i "propri" civili, se cioe' questi ultimi vengono costretti a divenire "scudi umani" oppure essi danno il loro consenso a svolgere tale "funzione". Per Dershowitz, quest'ultima categoria di civili non dovrebbe piu' essere considerata tale dal diritto internazionale, poiche' essi sarebbero equiparabili a tutti gli effetti ai "combattenti", ed avrebbero "scelto" di morire. Nel caso di scudi umani "involontari", il danno loro inflitto dovrebbe essere "proporzionale". In ogni caso, la responsabilita' della loro uccisione o ferimento sarebbe interamente da addebitare ai "terroristi". In sintesi, per Dershowitz certi innocenti sono meno innocenti degli altri. Come si legge in un articolo di Dershowitz sul Los Angeles Times del 22 luglio 2006, in occasione della guerra del sud del Libano,
c'è un'ampia differenza - sia morale che legale - tra un bambino di due anni ucciso da un razzo nemico e un civile di 30 anni che si è prestato a custodire a casa sua dei Katyusha. Entrambi sono tecnicamente civili, ma il primo è di gran lunga più innocente del secondo. C'è anche differenza tra un civile che si limita a simpatizzare o addirittura a votare per un gruppo terroristico e un civile che fornisce appoggio finanziario o comunque materiale al terrorismo. Infine, c'è differenza tra civili che sono tenuti ostaggi contro la loro volontà da terroristi che li usano come involontari scudi umani, e civili che volontariamente si mettono in pericolo per proteggere i terroristi dal fuoco nemico (...) I militanti di Hezbollah e Hamas (...) sono difficilmente distinguibili dai 'civili' che reclutano, finanziano, offrono riparo e agevolano i terroristi. E neanche le donne e i bambini possono essere sempre contati come civili, come fanno alcune organizzazioni. I terroristi usano sempre più frequentemente donne e ragazzini, che hanno un ruolo importante nei loro attacchi. (...)Se i mezzi di informazione adottassero questo 'continuum', sarebbe istruttivo sapere quante delle 'vittime civili' si avvicinano all'estremo della complicità e quante a quello dell'innocenza.Ogni morte civile è una tragedia, ma alcune sono più tragiche di altre.
L'argomentazione e' di per se' agghiacciante, ma e' ancora piu' inquietante se analizzata dal punto di vista della "ragion pratica". Sia nel caso degli scudi umani che diventano tali contro la loro volonta' sia di quelli consenzienti, la potenza avversa che si determina a colpire ha, dunque, piena coscienza che si tratta o di civili innocenti oppure, in ogni caso, di civili che non possono evidentemente essere considerati come belligeranti a pieno titolo. La vita di persone che non sono armate e che non sono militari viene pertanto deliberatamente messa in gioco con lo spregio piu' totale del valore assoluto della vita umana, tanto piu' se si tratta di non-belligeranti. La logica applicata in questo caso e' di tipo strumentale, e per prima cosa viola il principio kantiano, al pari di coloro che utilizzano gli scudi umani "forzati", in base al quale occorre trattare ogni uomo come un fine e mai come un mezzo. E' indecente, inoltre, che molti auto-proclamati difensori della civilta' cristiana (o meglio, del cristianesimo ridotto a principio d'ordine ed a formula di "tradizione", astrattamente e falsamente "identitaria") giungano a giustificare la logica della soppressione degli scudi umani.
In definitiva, questi ultimi perderebbero la vita per un insieme di ragioni e circostanze a loro estranee: pagherebbero la "colpa" dei loro "sequestratori"; sarebbero considerati come vittime "tollerabili" nel contesto degli obiettivi ulteriori che la potenza attaccante si propone di conseguire; e, a rendere grottesca una situazione gia' tragica, sarebbero degradati da qualche benpensante professore di legge ad Harvard a casi di violazione dei diritti umani fortemente dubbi e non del tutto convincenti!
Tutto cio' non fa venir meno la realta' dell'assassinio, spesso consapevole e deliberato, di civili innocenti e comunque di persone alle quali non e' applicabile alcuna caratterizzazione di "belligeranti". Sarebbe come ritenere giusto che la polizia, intervenuta nel bel mezzo di una rapina in banca, spari senza pensarci due volte contro i rapinatori che si fanno "scudo" di un'anziana signora venuta a ritirare la sua pensione, uccidendola assieme ai malviventi. Anche questa, direbbe forse Dershowitz, a ben guardare sarebbe al limite una forma di "complicita'" con il crimine, per quanto involontaria, oggettivamente configurabile come un fastidioso (ed eliminabile) ostacolo alla giustizia!